«I brani che seguono sono tratti dal materiale preparatorio raccolto da Engels per la stesura dell'Antidühring. Trattandosi di note, appunti, considerazioni, promemoria, essi sono redatti in forma non curata. Tra questi brani, ve ne sono tuttavia alcuni di grande importanza. La loro lettura, a causa della forma, comporta tuttavia una certa difficoltà» [Engels: Teoria della violenza, Le edizioni del Maquis, 1971, p. 58]
Abbiamo visto come, sul piano economico, la nobiltà feudale cominciò a diventare superflua e anche nociva alla società della fine del Medioevo; e come, sul piano politico, fosse già un impedimento allo sviluppo delle città e dello Stato nazionale, possibile a quell'epoca soltanto con la monarchia. Essa, malgrado tutto, era stata tenuta in piedi da questo fatto: che aveva avuto fino a quel momento il monopolio delle armi, tanto che senza di essa non era possibile fare la guerra né dar battaglia. Anche questo doveva cambiare; doveva essere compiuto un ultimo passo per provare alla nobiltà feudale che il periodo della società e dello Stato che essa dominava era giunto al suo termine, e che anche il cavaliere non serviva più sul campo di battaglia.
Combattere il regime feudale con un esercito anch'esso feudale, nel quale i soldati erano legati più fortemente al loro capo diretto che al comando dell'esercito del re, significava evidentemente essere chiusi in un circolo vizioso e non avanzare d'un passo. Dall'inizio del XIV secolo, i re cercano di liberarsi di questo esercito feudale e di crearne uno proprio. A partire da quest'epoca, troviamo negli eserciti dei re una proporzione sempre crescente di truppa arruolata o pagata a contratto. All'inizio si tratta soprattutto della fanteria, composta di feccia della città e di servi fuggiti; lombardi, genovesi, tedeschi, belgi, usati per occupare le città o per gli assedi e utilizzabili malamente in campo aperto. Ma già verso la fine del Medioevo troviamo anche dei cavalieri che con i loro seguiti, raccolti dio sa come, si fanno ingaggiare dai principi stranieri e anticipano così la fine irrimediabile del sistema di guerra feudale.
Nello stesso tempo, nelle città e fra i contadini liberi, là dove la fanteria non esisteva ancora, si creano le condizioni di base per una fanteria efficace. Fino a quel momento, la cavalleria, con il suo seguito anch'esso a cavallo, non costituiva tanto il nucleo centrale dell'esercito, ma l'esercito stesso. Il seguito dei servi a piedi, come valletti dell'esercito, non si mostrava — in campo aperto — che per disertare e saccheggiare. Fino a che durò l'epoca di massimo sviluppo del feudalesimo, cioè fino alla fine del XV secolo, la cavalleria diede tutte le battaglie e ne decise le sorti. A partire da questa data, le cose cambiano, e per la verità cambiano per molti aspetti e contemporaneamente. La scomparsa progressiva della servitù in Inghilterra creò una classe di liberi contadini, proprietari fondiari o agricoltori, e fornì così la materia prima per una fanteria nuova, esercitata nell'uso dell'arco, l'arma nazionale inglese dell'epoca. L'introduzione di questi arcieri che combattevano sempre a piedi, sia che fossero o no a cavallo durante la marcia, diede luogo a una importante modificazione nella tattica degli eserciti inglesi. A partire dal XIV secolo, la cavalleria inglese si battè di preferenza dove il terreno o altre circostanze lo permettevano. Dietro gli arcieri, che davano inizio al combattimento e logoravano il nemico, la falange chiusa della cavalleria attendeva, piede a terra, l'assalto nemico o il momento propizio per attaccare, mentre solo una parte restava a cavallo per sostenere il combattimento decisivo con attacchi sui fianchi.
Le vittorie ininterotte ottenute allora dagli Inglesi in Francia, si fondavano su questa restaurazione di un elemento difensivo nell'esercito: per la maggior parte si trattò di battaglie difensive con contrattacco, come quelle di Wellington in Spagna e in Belgio. L'adozione da parte dei Francesi della nuova tattica — forse a partire dal momento in cui i balestrieri italiani che i francesi ingaggiarono controbilanciarono gli arcieri inglesi — mise fine alla marcia vittoriosa degli Inglesi. Nello stesso modo, dall'inizio del XIV secolo, la fanteria delle città delle Fiandre aveva osato, sovente con successo, affrontare la cavalleria francese in campo aperto, e l'imperatore Alberto, tentando di vendere proditoriamente i liberi contadini imperiali svizzeri al granduca d'Austria, che non rappresentava altro che se stesso, promuoveva la formazione della prima fanteria di fama europea. Nelle vittorie degli Svizzeri sugli Austriaci e sui Borgognoni la cavalleria corazzata, a cavallo o a piedi, soccombette definitivamente di fronte alla fanteria, l'armata feudale di fronte all'esercito moderno, i cavalieri di fronte al borghese e al libero contadino.
Per confermare fin dall'inizio il carattere borghese della loro repubblica indipendente d'Europa, gli Svizzeri trasformarono immediatamente in denaro la loro gloria militare. Ogni scrupolo politico scomparve; i Cantoni si trasformarono in uffici di arruolamento al fine di raccogliere mercenari per il maggior offerente. Altrove, e soprattutto in Germania, circolò il tamburo dell'arruolatore. Ma il cinismo del governo, che sembrava esistere solo per vendere i suoi sudditi, restò ineguagliato fino al momento in cui, nell'epoca del più profondo avvilimento nazionale, venne superato dai principi tedeschi.
In seguito, nel XIV secolo, la polvere da sparo e l'artiglieria furono portate in Europa dagli Arabi attraverso la Spagna. Fino alla fine del Medioevo l'esercito con fuoco portatile rimase senza importanza, poiché la freccia dell'arciere di Crecy animava altrettanto lontano e colpiva forse in modo più preciso, anche se non poteva avere lo stesso effetto, del fucile a canna liscia del fante di Waterloo. Il cannone da campagna era ancora alla sua infanzia; per contro, i cannoni pesanti avevano più d'una volta aperto delle brecce nelle mura esterne dei castelli dei cavalieri, annunciando cosi alla nobiltà feudale che la polvere da sparo significava la fine del suo dominio.
La diffusione della stampa, la ripresa dello studio della letteratura antica, il movimento di cultura nel suo complesso che si rafforza e si universalizza sempre maggiormente a partire dal 1450, tutto questo favori la borghesia e la monarchia nella lotta contro il feudalesimo. La forza congiunta di queste cause, che con azione reciproca sempre crescente spingevano in una stessa direzione, decise nella seconda metà del XV secolo della vittoria, se non della borghesia, almeno della monarchia sul feudalesimo. Ovunque, in Europa, fino ai paesi più lontani che non erano passati attraverso la condizione feudale, la forza della monarchia prese d'un solo colpo il sopravvento. Nella penisola iberica, due gruppi linguistici romani si unirono per formare il regno di Spagna, e il regno d'Aragona, che parlava il provenzale, si sottomise al castigliano come lingua scritta. Il terzo gruppo unificò il suo territorio linguistico, fatta eccezione per la Galizia, per formare il regno del Portogallo; l'Olanda si distaccò e provò con la sua attività marittima il diritto a una esistenza separata. In Francia, dopo il declino dello Stato borgognone, Luigi XI riuscì infine ad instaurare così fortemente sul territorio francese, ancora molto diviso, l'unità nazionale rappresentata dalla monarchia, che il suo successore poté già immischiarsi nelle controversie italiane: e questa unità non fu più rimessa in questione se non una sola volta dalla Riforma. L'Inghilterra aveva, alla fine, abbandonato le sue guerre donchisciottesche di conquista in Francia, che l'avrebbero stremata; la nobiltà feudale cercò un compenso nella guerra delle Due Rose, e trovò più di quanto aveva cercato; utilizzò e mise sul trono la dinastia dei Tudor, la cui forza reale oltrepassò quella di tutti i predecessori e successori. I paesi scandinavi avevano costituito da lungo tempo la loro unità; dopo la riunione con la Lituania, la Polonia anticipava il suo apogeo con la forza della monarchia ancora intatta, e in Russia, nello stesso modo, il rovesciamento dei piccoli principi e la liberazione dal giogo andarono di pari passo e furono conclusi da Ivan III. In tutta l'Europa, non c'erano che due paesi dove la monarchia e l'unità nazionale, impossibile senza di essa, non esistevano o non erano esistite che sulla carta: l'Italia e la Germania.
A proposito della lotta per l'esistenza e delle declamazioni di Dühring contro la lotta e le armi, sottolineare la necessità che un partito rivoluzionario sappia anche lottare: è possibile che un giorno si trovi davanti alla Rivoluzione, però non contro l'attuale Stato militare-burocratico, il che sarebbe tanto insensato quanto il tentativo di Babeuf di passare direttamente dal Direttorio al comunismo, o forse ancora più insensato, poiché il Direttorio era un governo borghese e contadino. Ma contro lo Stato borghese che sostituirà l'attuale [stato militare-burocratico] il Partito può vedersi obbligato a compiere azioni rivoluzionarie per mantenere le stesse leggi adottate dalla borghesia. Per questo il servizio militare obbligatorio è nel nostro interesse e dovrebbe essere utilizzato da tutti per imparare a lottare, ma specialmente da quelli la cui cultura permette loro di conseguire la formazione militare di ufficiali come volontari.
Ammesso che la violenza sia anche una azione rivoluzionaria, e ciò in tutte le epoche critiche decisive, come nel momento del passaggio alla socialità, si tratta dunque soltanto di legittima difesa contro nemici reazionari esterni. Ma i capovolgimenti del XVI secolo descritti da Marx avevano anch'essi il loro lato rivoluzionario; erano una condizione fondamentale della trasformazione della proprietà feudale in proprietà borghese e dello sviluppo della borghesia. Nel 1789, la Rivoluzione francese ha fatto anch'essa una importante applicazione della violenza. Il 4 agosto non ha fatto che sanzionare gli atti di violenza dei contadini, ed è stato completato dalla confisca dei beni di nobili ed ecclesiastici.
La conquista violenta dei Germani, la fondazione degli imperi basati sulla conquista, nei quali era la campagna, e non la città, a dominare (come nell'antichità), sono stati accompagnati proprio per questa ragione dalla trasformazione della schiavitù nella meno dura condizione di servitù (nell'antichità, i latifundia e la trasformazione di terre arabili in pascoli).
Quando gli indoeuropei invasero l'Europa, cacciarono con la forza gli abitanti originari e coltivarono la terra in proprietà comune. Si può ancora provare l'esistenza storica di questa proprietà comune presso i Celti, i Germani e gli Slavi; esiste ancora presso gli Slavi, i Germani e i Celti (rundale) anche sotto forma di servitù feudale diretta (Russia) o indiretta (Irlanda). La violenza cessò quando i Lapponi e i Baschi furono cacciati. All'interno, regnava l'uguaglianza e il privilegio volontariamente concesso. Là dove la proprietà privata del suolo, da parte dei singoli contadini, è nata dalla proprietà comune, questa divisione si è compiuta in modo puramente spontaneo fra i membri della comunità, fino al XVI secolo; il più delle volte si è fatta a poco a poco, e molto spesso sono rimaste delle vestigia della proprietà comune. Nessuna «violenza». Questa fu diretta soltanto contro i resti (in Inghilterra nei secoli XVIII e XIX, in Germania soprattutto nel XIX secolo). L'Irlanda è un caso particolare. In India e in Russia questa proprietà comune è tranquillamente sussistita sotto le conquiste violente e i dispotismi più diversi, e ne ha anche costituito la base.
La storia russa prova quali siano i rapporti di produzione che determinano i rapporti politici di violenza. Fino alla fine del secolo XVII, il contadino russo era libero di andare e venire. Il primo dei Romanoff legò i contadini alla gleba. Con Pietro, iniziò il commercio estero della Russia, che aveva da esportare solo prodotti agricoli. Con questo commercio, l'oppressione sui contadini si accrebbe in ragione dell'esportazione, che ne era la causa, fino al giorno in cui Caterina rese questa oppressione completa e diede una conclusione alla legislazione. Ora questa legislazione permetteva ai proprietari terrieri di spremere di più i contadini, di modo che l'oppressione si accrebbe sempre di più.
Se la violenza è la causa delle situazioni sociali e politiche, qual è dunque la causa della violenza? L'appropriazione dei prodotti del lavoro altrui e della forza lavoro altrui. La violenza poteva cambiare il consumo dei prodotti, ma non il modo di produzione in se stesso ; non poteva trasformare i servi in salariati a meno che non vi fossero le condizioni e che la forma della servitù non fosse divenuta un ostacolo alla produzione.
Fin qui violenza — ormai socialità. Voto puramente platonico, rivendicazione di giustizia. Ma già T. Morus aveva posto orsono trecentocinquant'anni questa rivendicazione senza che fosse soddisfatta. Perché dovrebbe essere soddisfatta ora? Dühring non dà risposta.
In realtà la grande industria pone questa rivendicazione non già come una rivendicazione di giustizia, ma come una necessità di produzione. E questo cambia tutto. E con che cosa la violenza manterrà l'esercito? Con il denaro; dunque ricomincia subito a dipendere dalla produzione. Si veda la flotta e la politica di Atene dal 380 al 340. La violenza sui confederati è fallita a causa dell'assenza di mezzi materiali che permettessero di condurre guerre lunghe ed energiche. Sono i sussidi inglesi creati dalla grande industria moderna che hanno battuto Napoleone.
Ultima modifica 2019.08.11