Nel seminario internazionale, indetto a Monaco dalla rivista di tecnologia militare ``Wehrkunde'', il socialdemocratico Hans-Jochen Vogel ha proposto un sistema di controllo internazionale in grado di sottomettere a verifiche anche le attuali potenze nucleari.
Gli ha replicato Richard Perle, che all'inizio degli anni Ottanta era uno dei falchi del Pentagono, accusando l'industria tedesca di partecipazione all'armamento dell'Irak e della Libia.
Il generale Gerd Schmu¨ckle allarga il discorso e dice che gli esperti dell'ONU dovrebbero essere 20 mila invece che 200 per poter controllare la produzione nucleare.
Dal ``Wehrkunde'' di Monaco esce una nuova riflessione sul controllo delle armi nucleari, non solo a causa della possibile disseminazione provocata dalla disgregazione sovietica.
E' soprattutto la diffusione missilistica a costituire il problema più urgente nei rapporti tra le potenze.
Ormai le accuse non si limitano al Medio Oriente.
Mentre Pechino protesta con Washington per l'autorizzazione alla vendita di 150 aerei F-16 e con Parigi per la fornitura di Mirage 2000 a Taiwan, gli scambi fra le due Cine si sviluppano velocemente e gli uomini d'affari dell'isola investono massicciamente nel continente.
Il settimanale francese ``Nouvel Economiste'' calcola che, nel 1991, gli scambi fra i due paesi abbiano raggiunto i 5 miliardi di dollari e che sia dovuto a questi scambi il fatto che Taiwan sia riuscita a conservare, nel primo semestre 1992, un'eccedenza commerciale di 5,26 miliardi di dollari, malgrado il rallentamento dell'economia mondiale.
Gli investimenti di Taiwan in Cina superano i 10 miliardi di dollari e rappresentano il 10% degli investimenti stranieri, in seconda posizione dietro Hong Kong e davanti alla Germania, al Giappone e agli Stati Uniti.
La Taiwan Plastics (n8 1 mondiale dei PVC) progetta la costruzione di una gigantesca città petrolchimica vicino a Haichang, nella periferia di Fujian.
L'industria sudcoreana è interessata al complesso industriale-militare della Russia, considerata come la più avanzata ed efficiente dell'ex Unione Sovietica e la più dotata di scienziati. I grandi gruppi industriali vogliono acquisire tecnologia aerospaziale per poter sviluppare un'industria aeronautica nazionale.
Recentemente è stato firmato un accordo nel quale Seul si impegna ad aiutare Mosca a convertire gli impianti di produzione bellica in fabbriche di produzione civile.
Il generale John Galvin, ex comandante della NATO e insegnante a West Point, invita gli Stati Uniti a diffidare della modernizzazione militare e del centralismo politico della Cina. Dice che con la fine della minaccia sovietica e con la riduzione della presenza statunitense in Asia la Cina vuole cogliere l'occasione di giocare un ruolo maggiore nel continente e nel mondo.
La fine della guerra fredda si traduce, nel giudizio del generale, nell'ascesa di una nuova grande potenza, tanto più che la superpotenza americana è considerata, a Pechino, in declino e che l'altra superpotenza è crollata a Mosca ed è costretta a vendere i MIG 31 alla Cina stessa, mentre il ritmo asiatico di sviluppo economico è fortis-simo.
Nell'imprevisto ritmo di crescita Pechino avrebbe scoperto la possibilità di potenza. Per la stessa ragione, il generale vuole che gli Stati Uniti rimangano in Asia, se mai avessero intenzione di andarsene.
Così vede, ne ``Le Monde'', la situazione il giapponese Yoshikazu Sakamoto:
«L'era post-guerra fredda appare come un "disordine ordinato". Una combinazione paradossale di stabilizzazione del quadro globale e di disordine nella sostanza stessa di questo nuovo ordine».
Sakamoto è direttore del Prime (Istituto di ricerca sulla pace internazionale), proviene dalla scuola di pensiero rappresentata da Masao Maruyama ed è autore del libro "Asia: Militarization and Regional Conflict" del 1987.
La sua opinione non è, quindi, isolata quando sostiene che: «globalmente, il mondo è divenuto più omogeneo (unipolarizzazione militare, estensione dell'economia di mercato capitalista all'insieme del globo o quasi, diffusione universale dei nazionalismi e globalizzazione della democrazia). Ma si sono moltiplicati i nuovi conflitti».
Secondo Sakamoto, la Cina ha tratto una lezione dalla guerra del Golfo: solo una modernizzazione militare eviterà di sottostare alla potenza bellica degli Stati Uniti. Ma la riorganizzazione delle forze armate e lo sviluppo economico alimentano le ambizioni da grande potenza e si pongono in contraddizione con il Giappone, in via di ascesa da grande potenza politica e militare.
Non è chiaro cosa suggerisca Sakamoto a proposito della corsa riarmistica. Le scelte di Tokyo possono essere diverse: accordo di equilibrio con Pechino, alleanza diretta con la Cina, appoggio alle medie potenze asiatiche intimorite dall'espansione cinese, gioco della carta americana.
Nella guerra del Golfo vedemmo una applicazione della dottrina americana della "guer-ra e mezza", ossia della affermazione di superiorità militare nei confronti di più potenze e di due fronti.
Da tempo il gioco multipolare in Asia è in anticipo sulla dottrina americana.
Arrigo Cervetto
Ultima modifica 18.09.2001