Riflessioni sulla radio

Walter Benjamin (†1977)


«Questo frammento intitolato Reflexionen zum Rundfunk fu redatto nel 1930 o nel 1931 ed è stato pubblicato postumo in W. Benjamin, Gesammelte Schriften, hrsg. von Rolf Tiedemann und Hermann Schweppenhäuser, Frankfurt a. M. 1977, vol. II, tomo 3, pp. 1506-507.». [L'opera d'arte nell'epoca della riproducibilità tecnica e altri saggi sui media, a cura di Giulio Schiavoni, RCS Libri, Milano 2013].

Versione di: Leonardo Maria Battisti.


L'errore decisivo di tale istituzione è perpetuare nel suo servizio la separazione basilare fra l'interprete e il pubblico (separazione smentita dalle sue stesse basi tecniche). Pure un bambino sa che è proprio dello spirito portare dinnanzi al microfono un certo numero di persone per una qualsivoglia occasione; mutare il pubblico in testimone di interviste e dialoghi in cui prende la parola ora questo ora quello. Mentre in Russia si stanno tirando tali naturali conseguenze dagli apparecchi, invece da noi domina in guisa incontestata il monotono concetto della «presentazione», sotto il cui segno l'operatore si contrappone al pubblico. Questo controsenso ha fatto sì che a tutt'oggi, dopo lunghi anni di pratica, il pubblico (affatto sacrificato e incompetente nelle sue reazioni critiche) sia stato assai indotto a sabotare (spegnere) l'apparecchio. Mai è esistita un'istituzione culturale autentica che non si sia pretesa tale in base alla competenza che susciti nel pubblico con le proprie forme e la propria tecnica. Così è stato parimenti per il teatro greco o i Meistersinger, il teatro francese o gli oratori dal pulpito. Solo l'epoca recente, con lo sviluppo illimitato di una mentalità consumistica presso gli amanti dell'operetta, i lettori di romanzi, i turisti e tipi simili, ha creato le masse ottuse e inarticolate, il pubblico in senso stretto, che non possiede né un criterio per il proprio giudizio, né un linguaggio per le proprie sensazioni. Nell'atteggiamento delle masse verso i programmi radiofonici tale barbarie è giunta al suo acme, e ora pare stia per rovesciarsi. Servirebbe solo ciò: che la riflessione dell'ascoltatore si dirigesse sulle sue reali reazioni, per acuirle e giustificarle. Beninteso: tal compito sarebbe infattibile se (come amano pretendere i gestori nonché i presentatori) tale comportamento fosse davvero sostanzialmente imprevedibile, e dipendesse anzitutto solo o quasi dal carattere dei contenuti presentati. Una semplicissima considerazione prova l'opposto: finora nessun lettore ha mai richiuso un libro appena aperto tanto risolutamente quanto gli ascoltatori che spengono l'apparecchio radio dopo solo pochi minuti di trasmissione. E non è colpa dell'argomento magari ostico (anzi ciò sarebbe in molti casi motivo per seguitare ad ascoltare senza impegno prima di prendere una decisione). Sono la voce, la dizione, il linguaggio (in breve: l'aspetto tecnico e formale della faccenda) a render in tanti casi insopportabili all'ascoltatore pure i programmi più interessanti: quegli stessi fattori che, in alcuni rari casi, riescono invece a incatenarlo alle trasmissioni a lui più estranee. (Vi sono conduttori a cui si dà attenzione anche se leggono le previsioni del tempo). Solo alla scuola di tale lato tecnico e formale la competenza degli ascoltatori potrebbe formarsi, emancipandosi dalla barbarie. È affatto ovvio: basti pensare che (a differenza di ogni altro tipo di pubblico) i radioascoltatori ricevono a casa propria ciò che viene presentato, la voce stessa, a mo' di ospiti. E la giudicano già all'ingresso, con la stessa celerità e lo stesso acume con cui valuterebbero l'ospite. Tuttavia, il fatto che nessuno dica a quella voce cosa ci si aspetti da essa, di cosa le si sarebbe grati, cosa mai le si perdonerebbe etc., si può solo spiegare con l'indolenza della massa e la ristrettezza di vedute dei conduttori. Beninteso: non sarebbe affatto facile descrivere il comportamento della voce in rapporto al linguaggio. Ma se solo la radiofonia prestasse attenzione alle possibilità che ogni giorno le si porta, se solo prendesse le mosse dalle negatività (es. da una comica tipologia degli oratori), allora (nonché migliorare lo standard dei suoi programmi) avrebbe dalla sua un pubblico competente. Ecco la cosa più importante.



Ultima modifica 2019.12.19