Per rispondere alla ricostruzione di Trotsky, Stalin ricorse ad ulteriori calunnie, la cui condivisione era diventata un dovere di ogni cittadino sovietico. Più era elevato il posto occupato da un determinato burocrate, più ci si aspettava da questo, al momento opportuno, iniziativa e intraprendenza nella scelta tra gli epiteti e le espressioni più offensive a disposizione. N. V. Krylenko, Commissario del Popolo alla Giustizia, era capace di superare molti suoi pari in tale comportamento. Il suo particolare zelo era spiegabile dalla paura che gli derivava dai suoi legami personali: sua sorella, non solo viveva all’estero, ma era anche sposata con un famoso Trotskista Americano, Max Eastman.
In un articolo, “Trotsky- il nemico del Popolo”, sembrava intenzionato a superare anche le invettive di Vishinsky. Scrisse Krilenko: “Trotsky passerà alla storia come una mostruosa combinazione in un'unica persona di tutti i delitti previsti dal codice criminale, in quanto ha commesso i più gravi e ignominiosi crimini che si siano scoperti nella storia delle relazioni umane.”
A parte le basse calunnie che diffondevano i suoi satrapi, Stalin scelse una altra maniera per vendicarsi con Trotsky: la persecuzione contro i parenti di Trotsky rimasti in URSS.
Già nel 1926, quando a una riunione del Politburo Trotsky accusò Stalin di essere diventato il becchino della rivoluzione e del partito, Piatakov, allora suo alleato, gli disse:” Non vi perdonerà mai per questo; ne voi, ne i vostri figli e nemmeno i vostri nipoti”. Questa predizione si avverò durante gli anni del Grande Terrore. La prima moglie di Trotsky, A. L. Sokolovskaya, era rimasta in URSS, così come i due generi, trotskisti intransigenti. Erano tutti in deportazione dal 1928 e, a metà degli anni trenta, vennero rinchiusi nei campi di concentramento: divennero presto vittime della prima serie di esecuzioni nei campi. Parleremo del destino della Sokolovskaya nel capitolo 44.
Tutti loro non erano soltanto parenti, ma anche seguaci e sostenitori di Trotsky.La questione era diversa per il figlio di Trotsky, Sergei Sedov, che non si era mai interessato alla politica.”A scuola rifiutò di iscriversi al Comsomol”, scrisse la Sedova, e noi non interferimmo. Speravamo che maturando avrebbe iniziato a condividere i nostri interessi. Ma la sue uniche passioni erano la matematica e la tecnologia”. Dopo aver rifiutato di seguire suo padre in esilio prima, e nell’espulsione dall’URSS poi, Sedov si dedicò esclusivamente al lavoro scientifico.
All’inizio del 1935, Sedov veniva arrestato e processato nel cosiddetto “caso del Kremlino”. In quanto non venne provata nessuna sua colpa, la Commissione Speciale si limitò a mandarlo in esilio a Krasnoyarsk per cinque anni. Essendo l’esilio misura amministrativa, Sedov conservava il diritto di cercarsi un lavoro adeguato alla sua specializzazione. A Krasnoyarsk fu abbastanza fortunato, nel senso che veniva trattato umanamente dal direttore di una fabbrica di macchinari, A.P. Subbottin, amico stretto di Ordshonikidze.
All’assemblea di partito dove Subbotin venne accusato per la prima volta di proteggere Sedov , spiegò le circostanze che lo avevano spinto a offrire un lavoro a quest’ultimo:” Un uomo chiamato Sedov venne nel mio ufficio e mi offrì i suoi servigi come specialista in generatori di gas. Stava fermo di fronte a me. Io gli chiesi - da dove provieni?- Io- disse- sono il figlio di Trotsky. Devo dire che iniziai un tantino a sudare- aspetta un momento- gli dissi. Sedov passeggiò per un po' nei pressi della fabbrica . Fu così che gli demmo un lavoro”.
Nonostante la sua alta posizione, Subbotin non avrebbe potuto prendere da solo una così rischiosa decisione. Egli girò la questione, per un consiglio, al primo segretario del Comitato Regionale del Partito Akulinushkin, che ottenne dal direttore regionale della NKDV il permesso all’assunzione di Sedov.
Una delle principali ragioni che spinsero Subbotin ad un passo così arrischiato, fu che gli era stato assegnato il compito, dal capo della principale miniera estrattiva Serebrosky, di organizzare la produzione di generatori per battelli, necessari per l’industria estrattiva. Sedov era uno degli autori di una monografia sui generatori. Nel Settembre del 1935 venne assunto dalla fabbrica come direttore della produzione dei motori. Presto sua moglie, G.M. Rubenstein, lo raggiunse da Mosca.
Immediatamente dopo il processo contro il “Centro Unito Trotskista-Zinovevista” Sedov venne arrestato. Quando Subbotin si rivolse a Serebriakov per aiutarlo a far liberare Sedov, in quanto era uno specialista non rimpiazzabile, ottenne una risposta inequivocabile: “ Hanno fatto bene ad arrestarlo”.
Ad una sessione del Comitato Regionale, nella quale Subbotin dichiarò che non aveva alcuna ragione per accusare Sedov di noncuranza nello svolgimento del proprio lavoro, Akulinushkin replicò minaccioso : “Un nemico non fa un buon lavoro”.
Da quel momento i due casi, di Sedov e di Subbotin, vennero trattati in parallelo. Sulle prime Subbotin se la cavò con una reprimenda del partito per “ostentato liberalismo” e per “scarsa vigilanza Bolscevica”
Per decisione della Sezione Speciale, Sedov, insieme ad altri troskisti, venne mandato ai campi di Vorkuta. Ci sono alcune testimonianze sul suo destino da parte di alcuni internati nei campi raccolte e pubblicate da Nikolaevky. L’ex prigioniero Rakalov scrisse: “Sono rimasto impressionato da Sedov, un uomo che stava attraversando una profonda tragedia interiore. Credo, senza alcun dubbio, che egli amasse profondamente suo padre. Credo che la GPU se lo stesse lavorando, alternando insulti e gentilezze, e che lui fosse pienamente consapevole che sarebbe stato costretto a lungo a essere il martire di suo padre. In ogni caso, la sua estrema introspezione, la sua solitudine contemplativa, ne facevano un enigma per me. Qualcuno mi disse che amava molto sua madre, e pensava a lei più che a ogni altro."
Nel 1952 Nikolaevky spedì a N.I. Sedova una lettera , nella quale alcuni ex deportati raccontavano fatti della vita del figlio nel campo, e di come egli fosse stato riportato, su un convoglio speciale, a Krasnoyarsk.
A Krasnoyarsk Sedov era stato riportato con nuove accuse, che la Pravda si era affrettata a riportare in un nota intitolata “Il figlio di Trotsky Sergei Sedov ha tentato di avvelenare degli operai”, e a rivelare che, “ il degno virgulto del padre, venduto ai fascisti”, aveva tentato di intossicare, col gas del generatore , un gran numero di operai.
Per dare consistenza all’avvenimento Sedov, molti tecnici della fabbrica venivano implicati nel caso. Sedov veniva accusato di agitazione anti-sovietica, danneggiamenti, sabotaggio e di aver costituito un gruppo terroristico insieme a un agente del servizio segreto tedesco. Dopo una lunga istruttoria, il 29 Ottobre 1937, Sedov veniva condannato a morte. Le sentenze che lo riguardavano, del 1935 e del 1937, venivano rovesciate solo il 29 settembre 1988- fino ad allora , la giurisprudenza sovietica non aveva voluto occuparsi del caso del figlio di Trotsky.
Il “gruppo di Sedov” portava a Subbottin. Akulinushkin scrisse ad Andreev, segretario del Comitato Centrale: nel 1936 a Stroikrasmash abbiamo scoperto una organizzazione controrivoluzionaria guidata da Sedov – figlio di Trosky , e da Zaks – nipote di Zinovev, e altri .E’ stato stabilito che il direttore della fabbrica, Subbottin, conosceva personalmente i sabotatori arrestati, li aveva sistemati in posti di responsabilità e, mantenendo uno strettissimo legame con loro, aveva reso possibile e agevolato gli atti di distruzione e sabotaggio”
Il 16 giugno del 1937, Subbottin, già arrestato, veniva accusato di aver guidato un’organizzazione di trotskisti di destra, impegnata in atti di sabotaggio, spionaggio e preparazione di atti terroristici. Subbottin negò le false accuse, e non nascose di essere un oppositore. In uno dei suoi interrogatori ha dichiarato : “certamente io non mi adatterò mai alla vita interna di un partito, che impedisce a un membro di dire la sua opinione sulle questioni del partito…non sono d’accordo con la linea del partito per quanto riguarda le repressioni di massa e i processi, che vengono usati per condannare senza nessuna prova contro chi non si è pienamente allineato …E non ho condiviso nemmeno la politica del partito nell’epoca dell’industrializzazione del paese la quale è stata ottenuta, secondo la mia opinione, a costo del deterioramento delle condizioni materiali dei lavoratori”. Il 13 luglio del 1938 , Subbotin venne fucilato .
Nel 1937 , G. M. Rubinstein veniva arrestata a Mosca, dove era ritornata dai genitori, dopo l’arresto di Sedov. Pochi mesi prima del suo arresto aveva dato alla luce una figlia, Julia. Nella perquisizione del suo appartamento vennero confiscate tutte le fotografie di Sedov, insieme a tutti i libri mandatigli da Trotsky, che erano sopravvissuti alle altre perquisizioni. Nel 1952, Nikolaevky riferì a N,I. Sedova di quanto aveva appreso da un ex internato nei campi, fuggito in Germania Ovest dopo la guerra : G. M. Rubinstein, condannata da una Corte Speciale a otto anni di campo di concentramento, veniva portata a Magadam nel 1938, dove rimase anche dopo il 1946, nonostante avesse finito di scontare la pena .A Kolima stette in tutto venti anni.
Anche la prima moglie di Sedov passò parte della sua vita tra esilio e campi di concentramento .
Una peculiare “coda” del caso Sedov è stata raccontata nel libro di confessioni “Il mio accerchiamento. Note di un sopravvissuto per caso”, scritto dal famoso critico letterario Boris Runin.
Nella prima parte apprendiamo dei numerosi processi che subì l’autore: per aver passato i primi mesi di guerra accerchiato (insieme alla sua armata) da una armata tedesca , venne sottoposto a meticolosi e umilianti interrogatori a proposito dell’accerchiamento, e nel 1949, accusato di essere un”cosmopolita sradicato”, e così via. Per lo scrittore, ancora più terrificante di tutto ciò che aveva vissuto, “c’era una pena segreta, a scoppio ritardato”, che aveva pervaso tutta la sua vita intera, e che aveva deciso di non confessare nemmeno agli amici più intimi.
L’autore suggerisce che il suo “segreto” era qualcosa che aveva a che fare con sua sorella, “finita in Siberia a causa del marito”. Ma simili fatti erano così comuni i quegli anni, che non potevano essere la sola causa per un panico di tali dimensioni. Lo stesso Runin ebbe modo di convincersene quando, nel 1939, al suo terzo anno di studi all’istituto di letteratura , veniva raccomandato per rinfoltire il gruppo di collaboratori della Pravda, assottigliatosi di molto durante gli anni del Grande Terrore. Il primo articolo che gli era stato commissionato venne passato alla stampa ma non apparve nel giornale. Il giorno dopo Runin veniva convocato nell’ufficio di Tregub, capo della sezione letteraria del giornale, che gli spiegò che il suo articolo era stato rimosso perché, Pospelov, il principale editore della Pravda, aveva notato un firma insolita durante l’impaginazione, e aveva chiesto che l’articolo fosse accantonato e che gli fossero fornite informazioni sull’autore. Queste parole fecero precipitare Runin in un orrore indescrivibile :
“Ci siamo…E’ successo precisamente ciò che avevo temuto per lunghi anni, e che, prima o poi nessuno avrebbe potuto impedire che accadesse…Così, senza aspettare di più, con la voce spezzata dalla paura, dissi” E vero, avrei dovuto parlare prima di una situazione compromettente - mia sorella è stata arrestata…”
Ma Tregub interruppe la mie parole di contrizione, cambiando discorso, senza chiedermi nemmeno perché mia sorella fosse stata arrestata. In ogni modo, a quel tempo, simili domande suonavano cosi ingenue, che non venivano nemmeno poste.
“Ah, voi pensate che dipenda da questo?”, esclamò improvvisamente, evidentemente impaziente, perché doveva andare da qualche parte : “ Oggigiorno tutti hanno una sorella arrestata.”
In realtà Pospelov era interessato solo alla biografia letteraria del giovane autore : quanti anni aveva, cosa aveva pubblicato e così via.
Nella seconda parte del suo libro, l’autore rivela il motivo della sua “pena segreta”. Il marito di sua sorella altri non era che Sergei Sedov. Immediatamente dopo il secondo arresto di Sedov, Runin capì immediatamente le conseguenze che ne sarebbero potute derivare, per sé e per la sua famiglia. Certamente, la polizia segreta conosceva molto bene i “ legami familiari” di Sedov , inoltre non sarebbe stato impossibile trovare qualcuno che sollevasse la questione allo scopo di creare un nuovo “caso”. “Grazie agli sforzi poderosi della propaganda dell’apparato” , scrive Runin, “il solo nome di Trotsky da quel tempo iniziò ad avere un suono satanico, e ogni connessione con quel nome, non solo evocava un sacro terrore tra i filistei sovietici, ma immediatamente spingeva qualcuno -con gli occhi sbarrati dalla paura- a segnalare il fatto, contornato da ulteriori falsificazioni, alle autorità”
Dopo che l’infame articolo su Sedov apparve sulla Pravda , le visite dei conoscenti dei Rubenstein si fecero sempre più rare, per arrivare, in seguito, ad allontanarsi da tutta la famiglia, come se fosse stata infettata dalla peste. “Il solo risuonare di quel nome –Trotsky!- infondeva un mistico orrore nei cuori dei contemporanei della Grande Purga”, nota Runin. “ Il solo fatto che mia sorella fosse implicata in una simile relazione, trasformava, non solo lei, ma l’intera nostra famiglia in criminali, favoreggiatori, complici e in breve, poteva far considerare ogni suo membro un agente del più grande malvagio dei tempi moderni ,e un infame oppositore del potere Sovietico.”
Ammettere qualsiasi “connessione”, di qualunque tipo, con Trotsky, per un lavoratore in quei tempi, faceva sorgere immediatamente la minaccia di crudeli persecuzioni. Così Runin preferì lasciare il lavoro, e iniziò a guadagnarsi da vivere scrivendo episodicamente, in modo da non entrare in contatto diretto con il personale del dipartimento. Scrive Rumin: “Ho deliberatamente interrotto tutte le mie relazioni, riducendo al minimo il mio circolo di amici. Da un lato non volevo gettare un’ombra sui miei compagni – se si fosse scoperta tutta la verità su di me, anche loro ne sarebbero stati rovinati. Dall’altro lato… l’ultimo dei mie desideri era quello di avere intorno gente che bisbigliava, accanto al mio nome, il nome maledetto che era continuamente evocato dalla stampa come il simbolo del male nel mondo. Io non volevo danneggiare persone oneste, ma non volevo neanche, che delle brave persone, magari ingenuamente, mi danneggiassero a loro volta.”
Temendo ulteriori repressioni contro i membri della sua famiglia, Rumin convinse i suoi genitori a separarsi-“cosi non sarebbero stati portati via tutti d’un colpo”.Lo scrittore pensava che probabilmente questa era la ragione per cui lui venne liberato nel 1951, mentre i suoi genitori e la figlia quattordidicenne Julia venivano esiliati in Siberia.
Anche dopo la morte di Stalin, Rumin continuò a nascondere “la peculiarità della sua biografia”: Ancora aleggiava nel paese lo spirito demoniaco di Stalin, in quanto Trotsky era sempre, “ il nemico più infame”. “Con questo segreto costante, fonte perenne di rischi, che mi appariva un marchio indelebile sulla mia biografia” scrive “ ho vissuto, non un anno o due, ma quasi quindici anni”.
Ultima modifica 22.02.2008